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Perchè ci fate questo?
(di Lorenzo Borselli tratto dal sito ASAPS)

Facciamo molta fatica, in verità, a capire quali siano le logiche che rendono una notizia degna di essere riportata.
Il ciclone “Nargis”, che si è abbattuto sulla Birmania alcuni giorni fa, ha mietuto – secondo l’ONU – almeno 100mila vittime, ma nessuno dei principali media italiani sembra essere interessato alla notizia.
Eppure, ebbe una eco ben diversa la tragedia dello tsunami che il 26 dicembre 2004 si abbatté sulla Malesia, provocando 230mila morti.
Il paragone col terremoto in Cina è ancora più indicativo.
È dunque questo il nostro disagio.
Anzi, chiamiamo questa emozione con la parola più adatta: “frustrazione”.
La morte di Francesco Ciquera, una “morte bianca” (durante un lavoro al servizio della collettività), è una morte che vale meno delle altre.
La tragedia di Davide Atzena, l’appuntato dei Carabinieri che quando si sveglierà dal coma scoprirà di aver perso una gamba, è una tragedia che vale meno di altre.
Lo stesso evento, se fosse avvenuto all’interno di una fabbrica, avrebbe sollevato le ire dei sindacati, avrebbe fatto aprire i servizi dei tiggì ed oggi avremmo letto articoli di fondo sulle prime pagine di molti quotidiani.
Forse, qualcuno della “Vita in Diretta” o di “Verissimo” si sarebbe precipitato a Gioia del Colle ed avrebbe intervistato in diretta amici, parenti, vicini di casa, compagni di scuola, colleghi di lavoro…
Figuriamoci poi se alla guida della BMW che ha travolto quattro lavoratori mentre stavano assolvendo al compito per il quale sono pagati – per il quale Francesco “era” pagato – ci fosse stato un rom.
Allora ci sarebbero state le autorità (quelle politiche ovviamente) e tutti, in Italia, avrebbero saputo che in Puglia un lavoratore di 36 anni è morto, ad un altro hanno amputato una gamba, mentre i due loro compagni se la sono cavata con un marchio di dolore stampato a fuoco nel loro io.
Un’incisione che li segnerà per sempre: hanno visto morire i rispettivi compagni.
Erano le 7 e mezzo del mattino e tutti e quattro avevano in bocca il sapore dello stesso caffé, preso mezz’ora prima – all’inizio del turno, ne siamo straconvinti – allo stesso bar. Perdonateci la polemica, ma per essere celebrati da eroi, quando si indossa una divisa dello Stato, bisogna morire sparati.
E per far sapere che si muore lavorando, bisogna non fare questo nostro mestiere.
Perché ci fate questo?