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Incontro con Giovanni Berardi, (di Milo Julini) La città di Torino ha pagato un pesante tributo agli “anni di piombo” come dimostra il lungo elenco delle 19 persone assassinate tra il 1977 e il 1982 e la lista provvisoria degli invalidi per terrorismo che conta 21 nomi. A Torino è stata costituita il 20 marzo 1985, l’Associazione Italiana Vittime del Terrorismo e dell’eversione contro l’ordinamento costituzionale dello Stato. I soci fondatori sono stati Giovanni Berardi, Adele Andreis vedova Casalegno, Antonio Cocozzello, Severa Marone vedova Croce, Leone Ferrero, Mario Deorsola, Dante Notaristefano, Sergio Palmieri, Giovanni Picco e Maurizio Puddu. L’Associazione ha sede presso la Provincia di Torino che si è associata come socio aderente. Il sito Internet della Associazione è: "www.vittimeterrorismo.it" Di recente, l’Associazione Italiana Vittime del Terrorismo, in collaborazione con altre istituzioni, ha commemorato due poliziotti caduti circa trent’anni or sono e menzionati anche nel sito CadutiPolizia. Sabato 10 Marzo 2007 ricorreva il 29° anniversario dell’assassinio del maresciallo di P.S. Rosario Berardi e il 12 Marzo è stato ricordato il brigadiere di P. S. Giuseppe Ciotta, nel 30° anniversario della morte. Alcuni giorni dopo queste commemorazioni, ho incontrato Giovanni Berardi, segretario della Associazione Vittime del Terrorismo, e figlio del maresciallo Rosario Berardi, assassinato dalle Brigate Rosse il 10 marzo 1978. A quasi trent’anni di distanza, è ormai in atto la ricomparsa di ex terroristi sulla scena pubblica, come deprecato dal Presidente della Associazione Vittime del Terrorismo, Maurizio Puddu, nel corso della III Giornata europea delle Vittime del Terrorismo (Torino, 11 marzo 2007), il quale ha aggiunto: “…l’attuale situazione indica che è in atto un riaccredito non solo di vecchi terroristi, ma anche di peculiarità culturali che ne caratterizzarono l’azione negli Anni Settanta”. È stato questo il punto più dolente della nostra conversazione. Giovanni Berardi ha insistito su questa affermazione “noi vittime del terrorismo non siamo né forcaioli né vendicativi”. Berardi ritiene però che si perdoni con troppa facilità, soprattutto senza ottenere risposte che facciano luce completa su quel triste periodo. Mentre da molte, troppe parti, si ha tutto interesse a dimenticare, fare luce completa su quel periodo è il pensiero fisso di Giovanni Berardi, che lo ha assai bene espresso con questa frase: “A volte arrivo a pensare che quello che fecero durante gli anni di piombo è assai meno devastante di quello che stanno facendo oggi per occultare la verità. E quello che fa ancora più rabbia, è che lo fanno con gli strumenti di quello stesso potere che ieri volevano abbattere con le armi”. È una frase molto significativa, che appare nel libro “I silenzi degli innocenti” scritto da Giovanni Fasanella e Antonella Grippo (Milano, BUR, 2006) e che è divenuta il connotato caratterizzante di questo libro dedicato agli “innocenti” cioè alle vittime di trent’anni di violenza, da Piazza Fontana a oggi. Dopo anni di silenzio, questo libro finalmente ha dato la parola a chi non ha mai avuto modo di raccontare la verità. La frase di Giovani Berardi prima citata trascende le giuste e comprensibili memorie di coloro che hanno sofferto per atti di terrorismo o che hanno tragicamente perso i loro cari, per diventare una precisa accusa politica. Berardi ha poi ricordato la figura del padre Rosario, ottimo poliziotto e sagace investigatore, passato attraverso varie esperienze, sempre nel campo delle forze dell’ordine e ben descritto da Roberto Tutino nel volume collettaneo “Il Piemonte e Torino alla prova del terrorismo” edito da Rubbettino nel 2004, a cura del Consiglio regionale del Piemonte e della Associazione Italiana Vittime del Terrorismo.
Rosario Berardi aveva vissuto giovanissimo gli ultimi periodi della guerra nel sud d’Italia ed aveva valorosamente partecipato alla battaglia di Cassino, ottenendo la medaglia d’argento al valor militare. Dopo il servizio militare nell’esercito, nel marzo del 1946, era entrato nella Polizia. Fino al 1969, aveva prestato servizio presso la questura di Bari, dove si era appassionato al suo lavoro ed era giunto al grado di brigadiere. Nel 1970 si era trasferito a Torino, allora sede di scontri sociali sfociati in seguito anche in disordini, teppismo e terrorismo. Berardi era in forza ai servizi di polizia giudiziaria presso l’ufficio politico della questura. Assai scrupoloso, era un ottimo investigatore, dalle notevoli capacità professionali, che gli valsero nel 1974 la promozione a comandante della squadra di polizia giudiziaria. Fece parte del nucleo dell’Antiterrorismo, dal 1974 al 1976, e quando l’Antiterrorismo fu sciolto, dal 31 luglio del 1976 divenne comandante dei servizi di sicurezza. Partecipò a numerose azioni contro le Brigate Rosse, collaborando validamente con il dottor Criscuolo, capo dell’Antiterrorismo. Nel 1978, a Berardi fu assegnato il comando del posto fisso di Porta Palazzo, zona di Torino sempre afflitta dalla malavita, che al tempo iniziava a farsi particolarmente spavalda e aggressiva. Berardi pensava di concludere la sua lunga e prestigiosa carriera e di potersi godere la pensione dedicandosi alla famiglia, quando venerdì 10 marzo 1978 venne ucciso dalla Brigate Rosse. Nel marzo 1978, Rosario Berardi aveva appena compiuto 32 anni di servizio nella Polizia. Era un investigatore di grande professionalità e con una preparazione culturale superiore alla media, autorevole ma benevolo e comprensivo. Si preoccupava anche della formazione professionale dei colleghi più giovani, cui forniva consigli nati dalla sua lunga esperienza. Sempre elegantemente vestito, alto, aitante e di bell’aspetto, era diventato una figura nota in Torino. Con la sua pipa ricordava un personaggio televisivo molto amato, il commissario Maigret di George Simenon nella interpretazione di Gino Cervi. Rosario Berardi poteva vantare quella che si dice una “bella famiglia” di cinque figli, tre maschi e due femmine, uniti da profondo affetto. Dopo la morte del padre, a Torino è rimasto solo il figlio Giovanni, fortemente impegnato nella Associazione Italiana Vittime del Terrorismo. Giovanni Berardi ha concluso il nostro incontro con un pensiero dedicato ai giovani poliziotti che accedono al sito CadutiPolizia. Ha ricordato lo spirito di sacrificio del padre Rosario. Quando gli consigliavano la prudenza, quando gli proponevano di passare ad incarichi meno pericolosi, quando lo esortavano a tirarsi indietro, Rosario Berardi rispondeva - anche ai familiari più cari - che lui aveva due amori: la sua famiglia e la Polizia. E adottando atteggiamenti di eccessiva cautela avrebbe ritenuto di tradire proprio il suo amore per la Polizia. (per la redazione di Cadutipolizia.it Milo Julini) |