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IL TRADITORE
(di Fabrizio Gregorutti)

 

8 Ottobre 1942

Un uomo cammina nelle strade di Lubiana e sa di essere già morto.

Al suo passaggio la gente si scosta dal marciapiede, per non incrociare il suo cammino. L’uomo ogni tanto sente i commenti dietro le sue spalle.

“Traditore!”

Ma non si gira.

Si stringe ancora di più nel suo impermeabile ed abbassa la tesa del suo cappello, per non vedere quello che lo circonda, per non essere costretto a pensare.

L’uomo si chiama Kazimir Kukovic ed è un commissario aggiunto della Questura di Lubiana, la capitale slovena annessa al Regno d’Italia da circa 18 mesi.

La Jugoslavia nata alla fine della Prima Guerra Mondiale nel 1918 è una creatura della Francia, che l’ha voluta in contrapposizione alla presenza italiana nei Balcani, unendo alla Serbia la Croazia, la Slovenia e la Bosnia austro – ungariche, la Vojvodina ungherese, la Macedonia turca. Sette etnie, altrettanti gruppi minoritari, tre religioni principali. Un Frankestein in guerra con se stesso sin dai primi momenti e guardato con sospetto dalle Nazioni confinanti. Fin dall’inizio la convivenza nel Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni non è stata per niente facile. Gli ortodossi serbi hanno oppresso spietatamente i cattolici croati e sloveni (vi sono stati casi in cui i gendarmi serbi hanno aperto il fuoco sulle processioni religiose cattoliche, uccidendo donne e bambini croati) e i musulmani bosniaci, macedoni ed albanesi, sino a quando nel 1929 dopo oltre dieci anni di caos, il Regno balcanico è divenuto una dittatura. La confusione non è terminata, ma è  aumentata anche dalle ingerenze di Italia, Ungheria, Bulgaria e Germania. In ognuna delle regioni che compongono la Jugoslavia sono sorte delle organizzazioni nazionaliste, nate ufficialmente per difendere la propria etnia ma che presto sono degenerate in terrorismo raggiungendo il culmine nel 1934 quando il Re Alessandro I di Jugoslavia è stato ucciso in un attentato da indipendentisti macedoni, con la collaborazione dei terroristi ustascia croati appoggiati discretamente dal governo italiano.

Dopo l’assassinio del Sovrano la situazione sembra apparentemente stabilizzarsi, con alcune moderate concessioni da parte della maggioranza serba, ma tutto precipita nell’aprile 1941 con l’invasione della Jugoslavia da parte delle truppe italiane e tedesche, che si sono spartite il Paese.

La Slovenia ha subito la sorte del resto della Nazione ed è stata divisa in due. Il settore orientale viene annesso alla Germania, quello occidentale, con la capitale Lubiana, all’Italia.

Il giorno dell’annessione Kazimir Kukovic è un funzionario della Polizia jugoslava di Lubiana. Sicuramente è di simpatie filofasciste visto che è uno dei poliziotti che gli italiani lasciano al proprio posto, ma prima di condannarlo dobbiamo pensare a che cos’è la Jugoslavia degli anni precedenti, una Nazione ormai delegittimata e in preda a una guerra civile strisciante e nella quale il concetto di fedeltà alle Istituzioni è piuttosto relativo. Probabilmente Kazimir accoglie con soddisfazione l’arrivo dei nuovi padroni italiani, credendo forse in buonafede che essendo fascisti come lui sicuramente si comporteranno meglio degli arroganti serbi con i quali ha avuto a che fare finora. Con gli Italiani il suo Popolo potrà sopravvivere e, forse, la Slovenia potrà diventare un giorno una Nazione libera. Kazimir è sicuramente convinto che rimanendo in Questura potrà continuare a servire la sua Patria.

La situazione precipita nell’estate del 1941, con lo scoppio della rivolta dei nazionalisti jugoslavi in Montenegro e la crescita del movimento partigiano nella Bosnia e in Croazia. La ribellione si propaga a tutto il Paese con la rapidità di un incendio in un bosco d' estate. Centinaia di soldati ed agenti italiani cadono in combattimento e negli agguati dei partigiani jugoslavi, monarchici o comunisti che  siano e nel 1942 in Slovenia la situazione diventa quasi incontrollabile. Le autorità militari e civili, spronate dai perentori ordini provenienti da Roma, reagiscono spietatamente ( "non voglio rispondere dente per dente, ma testa per dente!" tuona il comandante delle truppe in Slovenia di fronte all'intensificarsi della guerriglia)  . Vengono fucilati ostaggi, incendiati villaggi e deportati gli abitanti verso degli improvvisati campi di concentramento nel Regno d'Italia o nelle isole dalmate. E' qui, sull'isola di Arbe oggi Rab, che muoiono migliaia di sloveni a causa di  stenti e di malattie tra il 1942 ed il 1943 . In Questura dove lavora Kazimir non va meglio. Il Questore Messana, favorevole ad una linea più morbida nell'opposizione alla guerriglia e inviso agli ambienti militari, viene rapidamente deposto e sostituito con un funzionario più collaborativo. Il tenente colonnello di Pubblica Sicurezza  comandante degli Agenti di PS di Lubiana si lascia sfuggire una frase terribile "gli sloveni dovrebbero essere uccisi tutti come cani!" e nei sotterranei della Questura qualcuno installa una sala di tortura per i sospetti catturati. La Slovenia è ormai  precipitata all'inferno e Kazimir insieme a lei.

Chi è ora il commissario aggiunto di PS Kazimir Kukovic? è solo un collaborazionista fanatico isolato dal suo stesso Popolo oppure un uomo deluso, solo e disperato?

Io propendo per la seconda ipotesi.

Credo che sia un uomo che ha visto crollare intorno a sè tutte le proprie illusioni e le proprie certezze. Aveva pensato che l'arrivo degli italiani avrebbe riscattato il suo popolo ed ora si trova a servire un regime di occupazione che probabilmente per lui non ha alcun rispetto e che lo guarda diffidente, in una guerra civile tra sloveni e nella quale lui viene visto come un traditore dal suo stesso popolo, probabilmente dagli stessi anticomunisti che, sia pure armati dal Regio Esercito ed inquadrati da ufficiali italiani, sono in pratica autonomi e si considerano gli unici legittimi difensori della Patria e guardano con scarso entusiasmo al connazionale che ha scelto di servire nella Polizia italiana .

Che cosa pensa Kazimir quando interviene sul luogo dell'assassinio di qualche soldato o agente italiano che magari ha subito atroci torture prime della morte? cosa prova quando sente gli occhi dei propri colleghi italiani che lo guardano con sospetto quando entra in Questura?    cosa pensa mentre è nel suo ufficio e dai sotterranei salgono le urla dei sospetti partigiani sloveni torturati?  cosa prova quando vede i villaggi incendiati ed il fumo nero salire verso il cielo?  cosa prova quando vede le colonne di uomini, donne e bambini deportati? che cosa avverte dentro di sè, quando vede gli sguardi carichi di disprezzo dei propri compatrioti?

Credo che Kazimir si senta morire, giorno per giorno, ora per ora, minuto per minuto. La sua vita e quelli che credeva i suoi ideali crollano a pezzi, di fronte al sospetto dei nuovi governanti ed al disprezzo dei propri compatrioti. Sa che all'interno della Questura di Lubiana ci sono poliziotti sloveni che collaborano con la Resistenza e sa di essere un bersaglio, come tutti coloro che in un modo o nell’altro hanno continuato a servire con l'occupante.

Il 26 Settembre è già stato vittima di un attentato e sa che gli assassini ritorneranno. Sicuramente ha allontanato la famiglia, forse da parenti o amici in zone della Slovenia non toccate dalla guerra, forse addirittura nel Regno d'Italia.

Perchè sa che morirà e non vuole che la sua famiglia sia a Lubiana quando questo  accadrà.

Un uomo cammina sotto la pioggia gelida ed il vento freddo proveniente dall'est, che sembra penetrare sin dentro alla sua anima.

Sente la voce alle sue spalle "Kazimir Kukovic!" e si ferma mentre sente lo scatto della sicura della pistola.

Rilassa le spalle ed esclama "Sapevo che..."

Ma il proiettile lo interrompe.

(per la redazione di cadutipolizia.it Fabrizio Gregorutti)