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NESSUN' ALTRA STRADA

Ricordo che ero a casa nel mio primo giorno di ferie. Come milioni di altri italiani mi stavo preparando a partire per le vacanze e stavo stipando la mia valigia, con il brusio di sottofondo della televisione a farmi compagnia.

Fu allora che sentii la sigla del telegiornale e mi stupii. Cavolo…le cinque del pomeriggio…come mai? Mi avvicinai al televisore dove il giornalista stava parlando con un corrispondente da Palermo. Una colonna di fumo alta decine di metri…probabilmente , no sicuramente un  attentato…voci parlano di una alta personalità coinvolta.

Mi ricordo che pensai immediatamente “Borsellino”. Non ho doti di divinazione, ma non c’era bisogno di essere un indovino per capire che dopo Falcone, l’obiettivo poteva solo essere Paolo Borsellino, uno dei giudici più famosi d’Italia e sicuramente il più minacciato in quel momento.

E quando il corrispondente da Palermo disse “Borsellino” pochi istanti dopo ricordo che il conduttore del TG allargò le braccia in un gesto di sconforto, lo stesso sconforto in cui precipitarono milioni di italiani in quel momento.

Era morto Paolo Borsellino, il baluardo dell’Italia contro la tracotanza della mafia e, insieme a lui morirono i cinque agenti di Polizia della sua scorta, tra i quali Emanuela Loi, la prima agente donna Caduta in servizio nella Storia delle Forze dell’Ordine italiane. Cinque poliziotti che avevano vissuto per mesi, alcuni  addirittura per anni,  la stessa vita da recluso del Procuratore Borsellino, condividendo il suo  stesso destino, quello di un Uomo costretto a vivere quasi da detenuto per difendere l’Italia da quegli stessi nemici che scorrazzavano liberi nelle strade delle nostre città.

Borsellino lo sapeva che su di lui c’era una condanna a morte e lo sapevano anche Agostino Catalano, Claudio Traina, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli e Emanuela Loi. Sapevano che stando accanto a quell’Uomo avrebbero rischiato la propria vita. Avrebbero potuto rifiutare. Subito dopo la strage di Capaci in ogni Questura d’Italia erano affisse circolari con le quali si chiedevano volontari per le scorte di Palermo e moltissimi accettarono ( Walter Cosina era uno di loro) .

Agostino, Claudio, Walter, Vincenzo ed Emanuela avrebbero potuto rifiutare e il loro posto sarebbe stato ricoperto da altri e nessuno ( nemmeno il giudice Borsellino) li avrebbe mai rimproverati, ma decisero di continuare sulla strada e salirono su quelle auto verso Via D’Amelio insieme al loro giudice.

 Sapevano di essere degli Eroi? Sicuramente no e, probabilmente se qualcuno glielo avesse detto gli avrebbero riso in faccia divertiti, incapaci di credere che loro, facendo il proprio Dovere sino in fondo, fossero Eroi.

Perché nessuno vuole essere un eroe, ma a volte non rimane altra strada da percorrere

(il coordinatore Fabrizio Gregorutti)


...il 19 Luglio...

La retorica è un animale vibrante e strisciante che con le parole ha un rapporto di sintonia assoluta, una bestia che  molti di noi non vorrebbero vedere nel cimentarsi in mirabolanti e inutili evoluzioni. Partire dalla retorica per parlare della Strage di Via D’Amelio potrebbe sembrare un insulto alle persone che oggi ricordiamo, uomini e donne, una delle prime, che hanno lasciato la loro vita sull’asfalto di una calda Palermo per tutelare quella di uno dei più grandi magistrati che la storia d’Italia ha l’onore di annoverare:

Paolo Borsellino

Ho iniziato a parlare di retorica perché, dopo tutti questi giorni passati, e queste ricorrenze celebrate è difficile non cadere nella retorica della descrizione di questi nostri caduti, caduti contemporanei, caduti importanti, non più di altri, sia chiaro, ma che la loro morte ha fatto contraddistinguere l’inesorabile evolversi di un epoca che da li a poco sarebbe finita(??), epoca che, voltandoci a guardarla, rende davvero l’idea della catastrofe che la mafia ha perpetrato non solo nella bella e calda Sicilia ma anche tra gli uomini Onesti appartenenti alle istituzioni dello Stato Italiano.

Oggi sarà la sagra degli eroi, degli uomini che hanno dato tanto alle istituzioni, della memoria ancora viva, del lavoro del dott. Paolo, dei numeri, benedetti numeri, tanto cari a chi deve dare conto di una certa “fattività” lavorativa…che poi…chissà se davvero è stata così fattiva.

Agostino, Walter, Claudio, Emanuela e Vincenzo….Paolo , questi sono i nomi di chi oggi li chiama eroi, eroi chiamati ma non adeguatamente acclamati, persone che oggi vorrebbero certamente essere ancora qui a vedere i primi batticuori dei propri figli o ad assistere le madri o i padri con le difficoltà naturali della vecchiaia….vecchiaia e batticuori che celano certamente sofferenze indicibili tra le pieghe del loro cuore. Gli appartenenti alla Polizia di Stato che celebriamo oggi non sono più speciali di altri, non sono più ricordabili di altri sono “solo” quelli che forse, un po’ più di altri, hanno cercato di dare un contributo diverso alla società siciliana cercando di tutelare chi quella terra l'ha amata così tanto da andare deliberatamente incontro alla morte pur sperando che quegli “Angeli”, come giustamente sono stati definiti in un film, potessero realmente difendere chi, in quel momento, nulla avrebbe potuto nei confronti del tritolo.

A noi non resta che ricordarli qui, fermandoci un attimo a guardare i loro volti, quei volti di chi in quel momento stava rappresentando una vera e sincera speranza per i cittadini siciliani e non solo augurandoci di poter definitivamente accantonare quella storia negli scaffali della memoria a futuro e prezioso insegnamento con la speranza che nessuno osi mai più e  così barbaramente distruggere le vite di tante persone….che oggi ancora piangono per loro.

(Il Webmaster Rinelli Michele)