Guardia di Pubblica Sicurezza

Giovanni FERRARO

agli onori della cronaca di Torino risorgimentale

A cura del Centro Studi e Ricerche della Polizia di Stato ANPS di Torino

 

Verso le dieci della sera del 30 maggio 1854 a Torino, in Borgo Dora, quello che oggi è nota la zona di Porta Palazzo, Luigi Rosso viene adescato da una giovane donna che «con lascivi allettamenti» lo invita ad accompagnarla. Rosso viene così condotto in un vicolo oscuro e solitario, dove è improvvisamente assalito da un uomo armato di coltello, evidentemente d’accordo con la donna: minacciandolo con l’arma e picchiandolo, strappano a Rosso venticinque centesimi.

La stessa scena si ripete dopo alcuni giorni, sempre in Borgo Dora, verso le undici della sera del 4 giugno. Con lo stesso espediente, depredano Costantino Cima di due lire e gli provocano tre gravi ferite di coltello alla mano sinistra. La coppia di criminali non ha troppe pretese, evidentemente bastano poche monete e l’aggressione a Cima ha fruttato ben due lire. Tornano ad agire soltanto la sera del 6 giugno quando, in Borgo Dora, verso le dieci e un quarto, aggrediscono, nel solito modo e col solito espediente, un terzo cliente. Ma questa volta la donna ha scelto male: quello che la donna ha creduto di avere irretito è in realtà Giovanni Ferraro, guardia di pubblica sicurezza vestito in borghese, “sotto copertura” si direbbe oggi.

Come scrive La Gazzetta dei Giuristi il 15 giugno, in un lungo articolo elogiativo della questura, l’arresto dei due criminali è derivato da una sagace attività investigativa: «Già da alcuni giorni l’autorità di pubblica sicurezza era informata che un malandrino ed una donna di mal affare avevano concertato fra loro, ed anzi già mandato ad effetto un loro sistema di estorsione di genere affatto nuovo. […] Fu perciò disposto in modo che uno degli agenti di pubblica sicurezza fosse creduto fra gl’incauti […]».

Giovanni Ferraro estrae la pistola e la punta contro i due aggressori, mettendoli in fuga. Ferraro, con l’aiuto di altri colleghi, all’8 di giugno riesce ad arrestarli tutti e due.

Sono giovani: Antonio Chiaudano, carrettiere di ventun anni, e la sua amante Rosalia Friolo, verduriera analfabeta di vent’anni, separata dal marito, nata l’8 marzo, quando questa data non aveva significato.

Nella lotta, Ferraro ha riportato lievi ferite, lamenta un dolore alla laringe ed alla clavicola sinistra, curati con l’immancabile salasso.

L’avvenimento, all’epoca, appare così curioso da essere  ricordato con una vignetta dal giornale satirico illustrato Il Fischietto, tra vignette umoristiche che hanno spesso come soggetto il conte Camillo Cavour e altri politici piemontesi.

Nel giugno del 1855, la Corte di Appello di Torino processa Antonio Chiaudano e Rosalia Friolo, i quali continuano a negare e ammettono soltanto la loro «rea associazione e l’adultera e turpe convivenza». È ascoltato come testimone anche Giovanni Ferraro, il quale dichiara di essere passato nei carabinieri, dove è diventato appuntato.

In aula si ripetono i riconoscimenti, ad esclusione di quello di Luigi Rosso, irreperibile. Appaiono così assurde le negazioni degli accusati sui fatti accertati dal dibattimento e la loro complicità è evidente. Secondo il Codice penale dell’epoca, i due sono accusati di “grassazioni” (depredazione associata a violenza), commesse con minacce di morte a mano armata e perciò punite con i lavori forzati a vita. La pena deve essere diminuita in favore di Rosalia, che all’epoca dei reati non era ancora maggiorenne.

La Corte di Appello, con sentenza del 19 giugno 1855, condanna Antonio Chiaudano ai lavori forzati a vita e Rosalia Friolo a venti anni di lavori forzati, con cinque anni successivi di sorveglianza della polizia. In epoca di un recente indulto, può essere interessante ricordare che la pena di Rosalia Friolo viene ridotta di tre anni, con successivi provvedimenti degli anni 1864, 1866 e nel 1871. Nello stesso anno, la pena di Chiaudano è commutata in trent’anni e, nel 1883, una amnistia gli concede una ulteriore riduzione di sei mesi.

 

Didascalia della figura:

La vicenda della coppia criminale arrestata per intervento della guardia di pubblica sicurezza Giovanni Ferraro, vista dal Fischietto del 1854 (Biblioteca Civica di Torino).

 

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