Apparitore Capo di Sicurezza Pubblica in servizio alla Questura di Torino

Carlo DEMARTINI

 

Medaglia d’argento al valore civile

A cura del Centro Studi e Ricerche della Polizia di Stato ANPS di Torino


Sono le undici e quarantacinque del 26 aprile 1852. La tranquilla città di Torino è turbata da un boato improvviso che proviene dal misero e popoloso quartiere di Borgo Dora, che conta circa 24.000 abitanti. Nel laboratorio della Polveriera che dal 1585 si trova in Borgo Dora, a causa del funzionamento difettoso di una macchina, scocca una scintilla che provoca un principio d’incendio. Rapidamente vanno a fuoco i macchinari del laboratorio. Le fiamme si propagano ad un piccolo magazzino contiguo, contenente polvere “da caccia” e quindi ad un altro con polvere “da mina”, situato a poca distanza.

Le polveri dei due magazzini “… scoppiano con un rombo tremendo, udito a quindici miglia all’intorno, facendo traballare la città, sgangherando usci e porte e non lasciando, alle finestre chiuse, un solo vetro intatto. La grossa fabbrica di polvere salta in aria, le case vicine si rovesciano... pietre, chiodi, spranghe di ferro, travi infuocate volano in aria, e piombano su palazzi e case come proiettili d’immensa bomba” poi, “Una densa nuvola di fumo come un funereo manto si stende sopra tutta Torino, le toglie la vista del sole e la riempie di terrore”, questa la vivida descrizione della tragedia fatta da Giovanni Battista Lemoyne, biografo di San Giovanni Bosco (1904).

Il rischio maggiore è che vada in fiamme un terzo magazzino vicino ai due già esplosi, contenente ben 40.000 chilogrammi di polveri da sparo. Se prendesse fuoco non solo Borgo Dora, ma buona parte di Torino sarebbe distrutta. La catastrofe è evitata grazie al coraggioso intervento del “furiere polverista” Paolo Sacchi, di Voghera, capo degli operai della fabbrica. Con grande coraggio, Sacchi entra nel magazzino, strappa una coperta già in preda alle fiamme. Poi si affretta a coprire i barili di polvere con coperte di lana impregnate d’acqua (la polvere da sparo del tempo, se bagnata perde la capacità di esplodere).

Animati dall’eroico comportamento di Sacchi accorrono volenterosi, giungono militari e pompieri.  Iniziano le operazioni di salvataggio. Alcuni soccorritori spengono gli incendi che divampano qua e là; altri trasportano dal grande magazzino gli 800 barili di polvere ivi contenuti. Questi lavori si prolungano fino alle quattro del pomeriggio, con grande trepidazione, sempre nel timore di una nuova devastante esplosione. Oltre cento famiglie devono essere evacuate dalla zona.

Alla fine, tra le macerie si contano venti morti e diciannove feriti, tre dei quali muoiono in ospedale. L’esplosione ha provocato gravi conseguenze anche sulle strutture circostante. In tutto il Borgo Dora le abitazioni sono danneggiate: quelle più vicine allo scoppio sono state quasi completamente distrutte, le altre mostrano tetti, balconi, muri e vetri gravemente sinistrati come il vicino cimitero di San Pietro in Vincoli.

In Borgo Dora si trovano anche gli insediamenti assistenziali costruiti da quelli che saranno detti i “Santi Sociali” torinesi. In primo luogo la Piccola Casa della Divina Provvidenza (il Cottolengo). Alcuni edifici distano dalla Polveriera soltanto ottanta o cento metri. Tetti, pareti e soffitti sono volati per aria, sono crollati armadi e vari oggetti. Miracolosamente, le milletrecento persone presenti nel Cottolengo, tra ricoverati e personale dell’Istituto, sono tutte indenni. È stato raggiunto anche l’Istituto del Rifugio, fondato nel 1823 dalla Marchesa Giulia Falletti di Barolo, dove ancora oggi nel cortile si può vedere un voluminoso groviglio di sbarre metalliche contorte proiettate dall’esplosione della Polveriera.

L’Oratorio di Valdocco dove opera Don Giovanni Bosco posto a poco più di cinquecento metri dalla Polveriera è stato danneggiato, ma senza vittime. Al secondo scoppio, Don Bosco è accorso sul luogo del disastro, dove ha impartito l’assoluzione a un operaio rimasto travolto. Ma la sua opera non è stata soltanto morale. A Torino si racconta che Sacchi, per bagnare le coperte che coprivano i barili di polvere, in mancanza di secchi, ha inizialmente usato il cappello di Don Bosco!

In questa grave catastrofe, cittadinanza e istituzioni si fanno promotrici di sottoscrizioni in favore degli abitanti del quartiere, che conta circa 24.000 abitanti. Il quotidiano La Gazzetta del Popolo raccoglie 705 lire; il re Vittorio Emanuele II dona 5.000 lire.

Paolo Sacchi è salutato come il vero eroe salvatore di Torino, anche se lui attribuisce ogni merito alla protezione della Madonna Consolata. Sacchi è decorato di Medaglia d’oro al valor militare, il Comune di Torino gli elargisce una pensione di 1.200 lire e, caso più unico che raro, già mentre lui è in vita gli viene intitolata una via in prossimità della stazione ferroviaria di Porta Nuova.

Sono concesse numerose Medaglie d’argento al valor militare, di cui una al Reale Carabiniere Angelo Rua.

  

Altre persone che si sono distinte nell’opera di soccorso sono premiate con Medaglia al valor civile, istituita di recente dal re Vittorio Emanuele II, con R. Decreto n. 1168 del 30 aprile 1851. Il fratello del sovrano, Ferdinando di Savoia duca di Genova, merita la Medaglia d’oro al valor civile.

Sono decorati con Medaglia d’argento al valor civile il generale comandante superiore della Guardia Nazionale, conte Carlo Maffey di Broglio, e altri 40 militari e cittadini. Tra questi, il sindaco di Torino, avv. cav. Giorgio Bellono, l’on. ing. Angelo Valvassori, deputato al Parlamento e Carlo Demartini, apparitore capo di sicurezza pubblica in servizio alla questura di Torino.

Questa la motivazione riportata dalla Gazzetta Piemontese Giornale Ufficiale del Regno di mercoledì 18 agosto 1852: “S. M. in udienza del 15 corrente agosto, sulla relazione del Ministro dell’Interno si è degnata di concedere la medaglia in oro ed argento al valor civile alle persone di cui seguono i nomi, e che esponendo la propria vita si distinsero in occasione dello scoppio della polveriera di Borgo Dora il 26 aprile ultimo scorso, non che le gratificazioni infra accennate”.

L’onorificenza è consegnata ai decorati il giorno 3 ottobre 1852, con i massimi onori, in piazza San Carlo a Torino, alla presenza di quattro legioni della Guardia Nazionale, dall’intendente generale della divisione amministrativa di Torino e dal consiglio delegato.

Oltre a Carlo Demartini, sono premiati altri due appartenenti alla Amministrazione di pubblica sicurezza.

A Carlo Luigi Lavagno, apparitore di sicurezza pubblica in servizio alla questura di Torino è attribuita una “gratificazione” di lire 100 e la “menzione sulla Gazzetta Ufficiale”.

Giovanni Guarneri, anch’egli apparitore della questura di Torino, infine, è citato fra coloro che hanno collaborato tra i primi nell’opera di soccorso.

Poche parole per spiegare il termine di “apparitore”.

Il 1848 è stato l’anno dello Statuto, concesso dal re Carlo Alberto il 4 marzo, che ha trasformato il regno sardo da monarchia assoluta in regime parlamentare. Con regio decreto n. 798 del 30 settembre 1848, l’antica polizia del regno sardo è stata profondamente riorganizzata ed è nata la Amministrazione di pubblica sicurezza, moderna istituzione che tutela la vita e gli averi dei cittadini ed ha il compito di mantenere l’ordine e far rispettare le leggi nell’interesse dello stato e dei privati. Dipende dal ministero dell’interno ed è affidata a funzionari civili: questori, assessori e delegati. I questori sono scelti nell’ordine giudiziario, gli assessori devono essere laureati in legge. Ai delegati non è richiesta la laurea e sono scelti fra persone che hanno ben servito lo stato o una pubblica amministrazione per almeno due anni. Non sono previste guardie in uniforme, i loro compiti sono svolti dagli apparitori, cui sono richieste intelligenza e specchiata onestà. Funzionari e apparitori operano in abito borghese. Assessori e delegati, per farsi riconoscere, in servizio portano un nastro tricolore a tracolla. Gli apparitori devono esibire una medaglia di riconoscimento, con la scritta Pubblica Sicurezza.

Il termine di questore esiste ancora oggi, quello di apparitore dura soltanto dal 1848 al 1852.

La legge 11 luglio 1852 n. 1.404 che modifica il regio decreto n. 798/1848, stabilisce tra l’altro che le funzioni degli apparitori saranno svolte da un Corpo di Guardie di pubblica sicurezza. Da questo la scelta di commemorare l’11 luglio come anniversario di costituzione della Polizia di Stato italiana.

La Medaglia d’argento al valor civile concessa a Carlo Demartini rappresenta la prima decorazione meritata da un appartenente al neonato Corpo delle Guardie di pubblica sicurezza.

Ma oltre alla fierezza per la prestigiosa onorificenza, come torinesi ci piace immaginare tre appartenenti alla Polizia che in un momento tanto difficile per la Città si sono prodigati nel soccorso alle vittime di una sciagura, a fianco di icone della torinesità come Don Bosco e Paolo Sacchi, sicuramente col pensiero rivolto a quella Madonna Consolata, tanto amata e invocata dai Torinesi, come una mamma consolatrice, nei momenti difficili.

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